Stele della memoria, uno schiaffo alla memoria collettiva

Napoli. Spiral of life. In questi giorni si parla molto di vittime delle mafie e del loro dolore davanti ad interventi che mettono in libertà i carnefici, rinnovando il dolore delle vittime. Non intendo qui entrare nel merito di questa questione, poiché se ne è parlato fin troppo e – senza forse – si è fatto e – ne sono certo – si continuerà a fare poco o niente. Dico solo che in uno Stato liberale la pretesa punitiva degli autori dei reati non deve essere lasciata ai familiari delle vittime (si tornerebbe alla barbarie, all’occhio per occhio dente per dente), ma deve restare prerogativa dello Stato e delle sue leggi.

Allo stesso modo, qui a Napoli, c’è stata un’altra grande discussione: altarini della camorra si, altarini della camorra no. Chi si dice a favore e chi contro. Forse tutte posizioni legittime, anche se io a Napoli, oltre agli altarini dei Sibillo abbatterei tutte le costruzioni abusive, tutte le pertinenze dei bassi che si sono allargate sulla strada, sul suolo pubblico, tutte le verande abusive, tutti i piani rialzati su palazzi d’epoca e tanto altro. E allora si che ci sarebbe un gran da fare e forse tornerebbe un po’ di normalità in questa città.

I primi a schierarsi – giustamente - a favore degli abbattimenti degli altarini che inneggiano a figure negative sono stati il prefetto di Napoli e una certa fondazione regionale, la Pol.i.s. Con loro sono stati in tanti che agli abbattimenti hanno contrapposto quella che negli ultimi tempi, oltre ad assurgere a rango di arte, è diventata una moda e cioè la realizzazione di murales dedicati alle figure positive del nostro territorio. Così al grande murale di Forcella dedicato a San Gennaro, in giro per le vie di Napoli e della Campania, si è aggiunto quello dedicato a Maradona (che tanto figura positiva non credo sia stata), quello che rievoca la figura di Giancarlo Siani e per ultimo quello a Pagani del volto di Marcello Torre. Persino gli occhi di una bambina scampata ad un agguato sono stati rappresentati a piazza Nazionale. Belle rappresentazioni, dunque, di una forma d’arte che nel giro di pochi anni da clandestina è sempre più venuta alla luce del sole e io stesso, che di arte ne capisco proprio poco, ho finito per apprezzare. E, apprezzamento a parte per l’arte, sono altrettanto convinto che non è con i murales che si cambiano le cose. I segni e i simboli sono importanti e necessari, ma da soli non servono a nessuno.

Prendiamo Salvatore Giuliano. Si proprio lui, l’ultimo erede di una storica dinastia criminale di Forcella, che nel 2004 uccise Annalisa Durante in un conflitto a fuoco con i Mazzarella. Egli, uscendo dal carcere, è tornato a Forcella e non si è fatto per niente intimidire o influenzare da quel faccione di San Gennaro disegnato sulla facciata di un palazzo del suo rione. Salvatore Giuliano, uscendo dal carcere e tornando a Forcella, oltre a San Gennaro, ha trovato le stesse dinamiche e lo stesso contesto sociale che aveva lasciato una quindicina di anni prima ed è su quel terreno che è tornato a fare ciò che sa fare meglio, il camorrista che fa le estorsioni. I murales sono buoni per i buoni, ma ai cattivi fanno un baffo.

A dire il vero noto una certa tendenza a favorire la memoria selettiva. Più importante sei, anche se sei morto, più si ricordano di te e più vieni rappresentato, con buona pace delle figure di vittime meno note che io definisco di contorno, cioè buone in certi periodi dell’anno a permettere a qualcuno di realizzare una sorta di carovana per le vie del Paese. Ottime iniziative di sensibilizzazione pure queste, anche se le preferirei meno roboanti, meno festanti e, di tanto in tanto, con proposte diverse e soprattutto realizzabili, ma va bene uguale.

Sto divagando, mettendo troppa carne a cuocere. Torniamo ai monumenti alla memoria. Lo dico sempre, un po’ parafrasando De Andrè, che medaglie, riconoscimenti, lapidi, cippi, monumenti, non è questo rendere giustizia a chi muore. La giustizia è un’altra cosa, ma anche i monumenti hanno un loro significato, altrimenti che li costruiamo a fare da più di duemila anni? E allora se li costruiamo, poi dobbiamo avere l’accortezza, la cura di manutenerli, di mantenerli in vita e in maniera decorosa.

Un tempo, neanche tanto lontano, si è dato vita ad una serie di iniziative di memoria molto interessanti, che se da un lato non leniscono affatto il dolore provocato dalla perdita di un proprio caro, dall’altro contribuiscono a mantenere vivo ed attuale il ricordo delle persone che - loro malgrado - sono state innocentemente colpite dai fenomeni criminali. In modo particolare, anche su impulso dei diretti familiari delle vittime, sono stati realizzati luoghi di memoria, mediante l’erezione di monumenti, steli, intitolazione di spazi, di strade ecc. In questo modo, insieme ai murales, ha avuto un importante sviluppo quella che definisco memoria selettiva.

Qualche tempo fa si tenne in considerazione anche la memoria collettiva, realizzando la Stele della memoria, un monumento installato a via Cesario Console, con l’obiettivo di rievocare, ricordare e dare significato e dignità a tutte le vittime. Si trattò di una realizzazione molto interessante che coinvolse molti giovani architetti di tutta Europa ed il bando fu vinto da un giovane italiano, residente in Brasile, Andrea De Baggis, che realizzò la spirale della memoria dal titolo Spiral of life. Al tempo lavoravo proprio nella struttura regionale che si era fatta carico della sua realizzazione e per anni me ne sono preso cura, pulendola quasi quotidianamente, non permettendo al degrado di sommergerla. Poi la mia strada mi ha portato altrove e della stele non se ne è occupato più nessuno, evidentemente.

La stele alla memoria è collocata nel mezzo, alla stessa distanza che la separa dalla fondazione che all’epoca la volle e la sede della prefettura, proprio i due soggetti istituzionali che di recente si sono più spesi per la questione degli abbattimenti degli altarini abusivi. Credo che se il prefetto si affacciasse alla finestra del suo palazzo, il degrado lo vedrebbe da lì, come sono convinto che quel degrado è visto ogni giorno dagli stessi operatori e funzionari di quella fondazione regionale che, con soldi pubblici (500.000,00 € all’anno, o giù di lì), si strappano le vesti per la dignità delle vittime innocenti della criminalità, per non parlare del comune di Napoli con i suoi operatori, assessori e candidati sindaco.

Uno schiaffo alla memoria, questo è in realtà il commento che ho fatto passando da lì e trovando quel monumento in uno stato pietoso, degradante, privato del decoro che meriterebbe. Mi sono avvicinato per far leggere alla persona che era con me ciò che nel leggio era stato scritto in lingua italiana e in inglese, ma niente: è stato impossibile. Escrementi di uccelli, lattice colato dagli alberi, sporcizia del tempo lo hanno reso illeggibile, come illeggibile è la targa posta ai suoi piedi, mentre escrementi di animali sono cosparsi tutto intorno e la stessa stele e sporca del letame dei volatili.

Chi ha la responsabilità di quel monumento, devo dire, senza timore di essere smentito, non conosce il significato della parola vergogna. E allora, dico provocatoriamente, se non avvertiamo il senso di vergogna, abbattiamolo quel monumento. Abbattiamolo, perché non siamo capaci di rendere dignità alla memoria collettiva e in questo oserei dire che siamo peggio dei camorristi. Siamo peggio dei camorristi? Non lo credo affatto, ma loro a differenza nostra, le cappelle votive, fatte erigere abusivamente - le abbiamo viste tutti in televisione nel momento del giusto abbattimento - ne avevano cura e come. Era lì che davanti a quelle brutte cappelle veneravano i loro accoliti passati a miglior vita e, quindi, ne avevano cura.

Ecco, ora mi auguro che chi ne ha la responsabilità si ravveda e se ne prenda cura di quel monumento alla memoria collettiva. Temo, però, che nessuno mi ascolterà, come non hanno tenuto in considerazione neanche una altrettanto risentita nota, inoltrata alla fondazione Pol.i.s., in data 17 settembre 2018, dall’allora Presidente del Coordinamento Campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità, avv. Alfredo Avella, con la quale invitava quel consiglio di amministrazione a mostrare maggiore interesse e cura per quel monumento, sottolineando l’importanza della memoria selettiva, impegnandosi a mantenere decorosa anche quella collettiva.

di Paolo Miggiano